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di Jens Hansen

La Chiesa evangelica della Vestfalia è un partner storico della Chiesa valdese. Dal 24 al 26 aprile essa ha invitato le sue chiese sorelle in Europa ad un simposio sulla diversità culturale. Presenti delegazioni dal Consiglio ecumenico della Polonia, dalle Chiese luterana e riformata ungheresi e dalla Chiesa valdese. La delegazione polacca era la più numerosa poiché il simposio nasce nel 1996 come incontro bilaterale fra la Vestfalia e le chiese polacche. Dal 2006 si sono aggiunte anche le altre chiese partner e l’incontro ha luogo ad anni alterni.

Dopo l’incontro del 2021 che, a causa della pandemia, si era tenuto online, il seminario di quest’anno si è svolto a Bielefeld, cittadina nella quale, oltre centocinquant’anni fa nasceva, su iniziativa del pastore Friedrich von Bodelschwing, la più grande opera diaconale delle chiese tedesche. Tutto ebbe inizio con un ospedale per malati di epilessia. Oggi l’intero quartiere è espressione di un lavoro diaconale articolato e moderno, condotto con metodi di eccellenza.

L’inizio del simposio si è concentrato sul tema dell’immigrazione e sul come mettersi in relazione con chi arriva da altri continenti. Chi scrive ha avuto la possibilità di presentare una relazione sul progetto “Essere chiesa insieme”, il programma di lavoro volto a promuovere l'incontro e la fraternità multietnica all'interno dell'evangelismo italiano.

Di dimensioni ma anche di approccio diversi la Chiesa della Vestfalia con il suo progetto “Kirche in Vielfalt” (Chiesa nella diversità). Nella regione più popolata della Vestfalia con i suoi quasi 18.000.000 di abitanti, la chiesa conta oltre 2.000.000 di membri organizzati in quasi 500 chiese. Accanto esistono ben 600 chiese evangeliche etniche, chiamate chiese internazionali. Esse sono indipendenti e si rivolgono alla chiesa regionale per ottenere luoghi adatti a celebrare i propri culti. Circa cento di queste chiese internazionali sono entrate a far parte della Chiesa della Vestfalia e formano il Coordinamento delle chiese internazionali che nel tempo è diventato un laboratorio di accoglienza con la formazione dei ministri di culto coinvolti, un lavoro giovanile transculturale e dei progetti di missione in comune.

Più vicina alle nostre chiese nelle parole e nei fatti, la chiesa Riformata ungherese. Essa annovera delle chiese multiculturali nelle zone orientali dell’Ungheria dove una grande fetta della popolazione appartiene al popolo dei Rom e dei Sinti. Si cerca di celebrare i culti insieme e di avviare così un processo reciproco di crescita multiculturale oltre che di riconciliazione per quanto la popolazione Rom ha subito in passato. Oggi si configura come un modello non solo per le chiese ma anche per la società.

La Polonia, a causa delle chiusure del governo in materia di immigrazione, si trova invece a fronteggiare la questione dei profughi di guerra provenienti dall’Ucraina. In particolare è la Chiesa ortodossa polacca a vivere delle grandi sfide perché essa può accogliere i fedeli ortodossi nelle proprie chiese, ma non ha la possibilità di integrare anche il clero della nuova Chiesa ortodossa ucraina autocefala poiché la Chiesa ortodossa polacca accetta solo il clero di quella ortodossa russa.