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di Pawel Gajewski

La dimensione gioiosa dell’Avvento, il tempo che ci prepara al Natale

Torre Pellice, 28 Novembre 2019

Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi. Il Signore è vicino (Filippesi 4,4-5)


Se il Natale è un’esplosione di gioia e di colori, l’Avvento può sembrare un tempo di attesa eccitante ma piuttosto grigio. Probabilmente la ragione di tale percezione va cercata nel Medioevo e nella dimensione penitenziale attribuita a questo tempo liturgico dalla Chiesa d’Occidente. La Riforma del Cinquecento, abolendo tutte le prassi penitenziali pubbliche, restituì all’Avvento la sua dimensione di allegria e di serenità. 

Nei tempi più recenti, le sempre più strette relazioni di amicizia e di dialogo tra cristiani ed ebrei hanno contribuito a ridare all’Avvento cristiano questa dimensione fortemente gioiosa. La celebrazione ebraica della Chanukkah è infatti impregnata di gioia. La parola Chanukkah significa inaugurazione o consacrazione. Dopo la liberazione della Giudea dall'occupazione Siriana ellenica di Antioco IV Epifane, i Maccabei dovettero ripulire il Tempio di Gerusalemme dalle immagini e dalle sculture raffiguranti divinità greche e costruire un nuovo altare perché quello precedente era stato profanato con i sacrifici pagani. Questa storia appare nei libri dei Maccabei. Tali libri, sebbene non facciano parte del canone biblico ebraico ufficiale, sono parte del complesso deuterocanonico e quindi, pur non essendo stati codificati per l’ebraismo come parte del testo sacro, lo divennero per la Chiesa cattolica e per la Chiesa ortodossa. Dopo aver ripulito il tempio, dopo aver portato via le pietre profanate, distrutto l’altare profanato e averne costruito uno nuovo secondo la legge, i Maccabei ripristinarono il candelabro d’oro, l’altare degli incensi, la tavola dei pani e accesero le luci del candelabro (1 Mac 4, 38-51). Poi, il 25 del nono mese, dell'anno 165 a.C., si radunarono tutti e offrirono il sacrificio sul nuovo altare degli olocausti (1 Mac 4, 53). Giuda Maccabeo, i suoi fratelli e tutta l'assemblea d'Israele, stabilirono che si celebrassero i giorni della dedicazione dell'altare nella loro ricorrenza, ogni anno, per otto giorni, cominciando dal 25 del mese di Kislev (dicembre), con gioia ed esultanza (1 Mac 4, 59).

Ci sarebbe infine anche una ragione linguistica per riflettere sulla nostra percezione dell’Avvento. Il sostantivo latino adventus significa venuta o arrivo e non attesa. La presenza dell’Eterno nella storia dell’umanità e di ogni singolo essere umano è il motivo dominante in tutti gli scritti canonici dell’Antico e del Nuovo Testamento. Questa verità si rivela pienamente nella vita e nell’insegnamento di Gesù. Alcune correnti del cristianesimo contemporaneo mettono in risalto l’attesa della seconda venuta di Gesù e della radicale trasformazione di tutto ciò che esiste. Si tratta di una dottrina che ha una sua logica biblica. Tuttavia, si potrebbe vedere la storia degli ultimi venti secoli in una prospettiva diversa. Le apparizioni del Risorto su cui concordano le narrazioni di Paolo e quelle dei quattro Vangeli inaugurano un’età messianica, l’età di una trasformazione lenta ma inesorabile, l’età che un giorno si concluderà con la consacrazione della nuova “dimora di Dio con gli esseri umani” (Apocalisse 21,3).