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di David Trangoni

Il 23 giugno si celebra la “Giornata mondiale del rifugiato”

Torre Pellice, 14 Giugno 2019

Secondo i dati raccolti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), nel 2018 nel Mediterraneo sono morte 2262 persone, già oltre 500 nei primi cinque mesi del 2019. In totale si contano più di 30 mila decessi documentati dal 2000 a oggi.

Benché i cadaveri ritrovati e gli stessi sbarchi confermati siano in calo, non è possibile nascondere l’aumento della probabilità di perdere la vita nel viaggio verso i confini europei. 

I numeri non possono tenere conto di chi muore in silenzio senza essere rintracciato ed è molto difficile presidiare ogni metro delle frontiere. Molti e molte continueranno a partire, sparendo poi nel nulla.

In ricordo di chi fugge per avere salva la vita, nel 2001 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la “Giornata mondiale del rifugiato”, per celebrare i 50 anni della “Convezione relativa allo statuto dei rifugiati”.

Nel 2013 l’Assemblea generale della Conferenza delle Chiese europee (CEC) e la sua Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) hanno ribadito l’importanza di questa ricorrenza, che ci serve per “commemorare coloro che sono morti nel viaggio per trovare una vita dignitosa in Europa, attraverso una giornata di preghiera”. Quest’anno l’appuntamento è fissato per domenica 23 giugno. 

Oltre a pubblicare documenti sulla situazione dei migranti, la CCME produce materiali liturgici per la domenica dei rifugiati, disponibili in inglese e tedesco sul sito della commissione.

Nel comunicato rilasciato per l’occasione dal Presidente della CEC, Christian Krieger, e dal Segretario generale della CCME, Torsten Moritz, si legge: “In quanto chiese e in quanto cristiani Dio ci chiama a essere testimoni e servitori della Resurrezione e di una nuova vita nella giustizia e nella pace per tutti e tutte, senza differenza di etnia, nazionalità o religione. Ricordiamo insieme le persone che sono morte sui confini europei, condividiamo il nostro dolore nella preghiera”.

Accanto alle orazioni bisogna anche impegnarsi con le azioni. La CCME ha lanciato alcuni anni fa il progetto “Safe Passage”, per offrire un passaggio sicuro a chi fugge, attraverso uno scambio tra chiese. La CEC, supportata dal Parlamento europeo, lavora costantemente per far ottenere visti umanitari all’interno dell’UE e per un corretto ricollocamento dei migranti. Poi ci sono i progetti di attivazione di punti di accesso sicuri nel nostro continente, come i corridoi umanitari promossi dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia insieme alla Chiesa valdese e alla Comunità di Sant’Egidio, che dal 2016 a oggi hanno permesso a oltre 1500 profughi di trovare rifugio in Italia. Chiese che pregano e agiscono insieme.