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Editoriale a cura di Riforma 

Torre Pellice, 28 Giugno 2018

Ora c'è un governo e i toni di chi governa dovrebbero essere finalizzati alla gestione dei problemi. Invece le parole forti usate dal ministro dell'Interno a proposito di migranti e Rom vanno in un'altra direzione, raccogliendo il sentire popolare di una parte dell'elettorato, che non aspetta altro che sentir parlare di chiusura dei porti e di priorità agli italiani (ma quali?). Così si incrementa il consenso, ma non si risolvono i problemi. La questione però non riguarda solo chi si sente rafforzato nelle sue idee di «chiusura», verso l'immigrato, il profugo, il Rom. Riguarda, specularmente, anche chi la pensa in maniera contraria. I toni ultimativi e privi di sfumature sono l'opposto di quello che serve alla dialettica democratica. Chi non condivide la «chiusura» (e sono tanti e tante) dovrà preoccuparsi di trovare le argomentazioni e i linguaggi per parlare a chi pensa diversamente: non sembra che le forze politiche siano in grado di farlo. Così, ognuno e ognuna di noi rischia di trovarsi soddisfatto delle proprie giuste idee, senza metterle in discussione. Rischia di venirne fuori un'Italia peggiore, di cui chi governa ha la prima responsabilità. Ma poi ognuno e ognuna di noi rischia di trovarsi autosufficiente nel proprio sentire, padrone delle proprie idee e del proprio destino. Non è così, chi è credente sa che c'è una Parola che eccede sempre rispetto alle idee, giuste e sbagliate. Su questa consapevolezza dei nostri limiti cerchiamo di migliorare la convivenza.