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di Fulvio Ferrario

«Gettate su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi»

«Tu non devi preoccuparti di nulla. Penso a tutto io»: così un'anziana signora diceva al suo compagno di vita, già di suo molto ansioso e, per giunta, oscuramente (?) consapevole del progredire di una malattia neurologica degenerativa. L'uomo ha accettato l'invito (né, a dire il vero, poteva far altro) e la signora è rimasta fedele al proprio impegno, pensando, effettivamente, a tutto.

Potrebbe, questa storia d'amore a suo modo certamente poetica, costituire una sorta di parabola del nostro versetto e degli altri che, in questa settimana, ci invitano ad abbandonare le «sollecitudini ansiose» (cfr. il testo suggerito per la predicazione di domenica 13 settembre, Matteo 6,25-34)? 

Alcuni elementi suggeriscono, in effetti, analogie non banali: è richiesto un atto di fiducia in qualcuno che «provvede», e ciò perché si riconosce l'impossibilità di «confidare», come spesso si esprime la Bibbia, in se stessi e nei propri progetti. Sussiste, però, anche un'importante diversità: l'invito biblico è rivolto a donne e uomini ai quali si chiedono anche, assai spesso, vigilanza, responsabilità, capacità di progettazione e decisione. La Scrittura sembra presupporre che i suoi lettori siano, mediamente, sani dal punto di vista neurologico. In effetti, essi sono chiamati a camminare verso il futuro, il che significa anche pianificare, progettare. Più precisamente, però, significa farlo nella consapevolezza che il futuro è di Dio. Non si tratta di acquisire una filosofia, magari mediante qualche tecnica meditativa o comportamentale; l'«abbandono responsabile» del quale parla la Bibbia si impara giorno per giorno, ogni volta di nuovo, morendo a se stessi. Non è, di solito, un'esperienza piacevole: quando i piani di Dio sembrano non coincidere con i nostri, è più facile predicare fiducia nutrirne. L'appello che ci viene rivolto tuttavia, non riguarda un titanico atto di volontà, orientato a un salto nel buio, che poi chiameremmo fede. Piuttosto,  si tratta di ricordare che, come Israele nel deserto, molte volte abbiamo sperimentato la presenza attiva del Padre celeste. E' su questa base che il futuro può essergli attivamente affidato. Così cerca di fare la fede.