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di Emanuele Fiume

Il Signore Gesù Cristo dice: «Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio»

Il verbo “adoperarsi per la pace” si trova solo un’altra volta nel Nuovo Testamento, in Colossesi 1,20 in cui Dio, “avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce (di Cristo); per mezzo di lui (di Cristo), dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli.” Chi si adopera per la pace è prima di tutto Dio, e realizza la sua pace con le cose del cielo e della terra mediante l’opera del suo Figlio Gesù Cristo. I discepoli sono in Cristo, che è la pace di Dio, la riconciliazione di Dio con la sua umanità, che nella sua persona e nella sua opera ha realizzato la pace nuova ed eterna tra Dio e noi.

Il primo ambito di condivisione della pace in Gesù è passivo. Il mondo, i fratelli e le sorelle, ma anche i nemici non si incontrano se non mediante Cristo e la sua pace. Questo è il vero motivo teologico per il quale il credente non reagisce alle offese. Non perché imita il comportamento di Gesù, ma perché incontra il suo prossimo, sia esso fraterno, amichevole, indifferente o addirittura ostile, soltanto attraverso Gesù. Il credente non ha altri punti di vista, altre finestre se non Gesù stesso. Che è oggettiva riconciliazione e oggettiva pace. Tra il fratello e il fratello, c’è sempre Cristo, e questa riconciliazione nella pace era simboleggiata nel bacio della pace della liturgia antica, sostituita oggi dai saluti, dagli abbracci e strette di mano alla fine del culto. Nelle nostre chiese questo momento mantiene un calore e una spontaneità. Tra il credente e il suo nemico c’è sempre Cristo, il quale non reagì agli insulti e alle percosse.

Il secondo ambito di condivisione della pace in Gesù è attivo. Il cristianesimo nella sua forma storica non sempre ha messo la questione della pace tra le priorità. Ma dobbiamo ricordare un segno di discepolato che ha rimesso Cristo al centro della scena ed è stato un vero segno di pace: il presepe. Il presepe nasce contro, contro la guerra, contro le crociate. Fu inventato da Francesco d’Assisi, in modo che ogni famiglia potesse essere in Terrasanta stando a casa propria. Bastava qualche pupazzo o qualche figura di cartone, e la Terrasanta, il luogo di nascita di Gesù, era a casa tua. In un’Europa febbricitante di spirito di crociata, il presepe diceva: “Non hai bisogno di andare a combattere, a uccidere e a morire per i luoghi santi; il tuo Gesù è anche qui, lo puoi incontrare e onorare qui, al tuo paese”. Pace alla portata di tutti, Cristo al centro, fine della guerra.

La promessa è quella di essere chiamati, da Dio, suoi figli. Di essere adottati e di partecipare alla gloria, all’onore, all’amore che Dio ha assegnato al Cristo, suo Figlio eterno. La pace che il Padre ha realizzato nel Figlio, che ci raggiunge per essere diffusa e condivisa, rende i credenti figli di Dio, figli riconciliati che ricevono in Cristo un amore sempre troppo grande per essere goduto da soli. Chi conosce la pace con Dio in Cristo, e in Cristo la pace per il prossimo, è beato, sarà chiamato “figlio” da Dio.