I link che seguono forniscono la collocazione della pagina attuale nella gerarchia di navigazione.

di Ruggero Marchetti

«Bada ai tuoi passi quando vai alla casa di Dio e avvicìnati per ascoltare, anziché per offrire il sacrificio degli stolti, i quali non sanno neppure che fanno male»

La parola ebraica che l'Ecclesiaste usa per indicare “il sacrificio” è molto precisa: è l'“immolazione”, cioè quel tipo di rito in cui l'animale offerto veniva solo in parte bruciato sull'altare, e quel che ne restava spettava ai sacerdoti. Insomma, per loro l'“immolazione” era anche un affare! Ma a questo, le persone che offrivano l'animale, non  pensavano. E così – è la “stoltezza” di cui qui si parla - dopo aver già pagato ai sacerdoti la decima, li arricchivano ulteriormente dando loro grandi quantità di carne da consumare o vendere, e di fatto favorivano un sistema che di religioso aveva poco, e era invece ridotto quasi solo a formalismi e a cospicui guadagni materiali...

Ma lo sguardo acuto del nostro autore non si ferma ai grandi altari nel cortile del tempio. Va ben oltre e penetra idealmente nel cuore stesso del tempio, nel “Santo dei santi”. E cosa c'è, nel “Santo dei santi”? Al tempo dell'Ecclesiaste non c'era più nulla: né l'arca né le tavole della legge: solo uno spazio vuoto! Ma è proprio quel vuoto impressionante che ti fa sentire tutta la poderosa presenza del Signore vivente di Israele che non puoi rappresentare in alcun modo e che invece ti parla, se solo sai ascoltarlo.

Quando vai al tempio allora – è il pensiero dell'Ecclesiaste – ci puoi andare percorrendo il cammino obbligato, puramente formale, di chi assolve al suo obbligo sacrificale senza alcuna adesione profonda e senza la consapevolezza di portare il suo contributo al sistema stabilito; ma puoi anche andarci in una disposizione di ascolto, per cogliere in quello spazio vuoto al cuore della Casa dell'Altissimo la rivelazione della presenza divina, e vivere un'esperienza in qualche modo simile a quella che tanti secoli prima era stata vissuta dal profeta Elia sul monte Oreb, quando il Signore gli si era rivelato nella “voce del massimo silenzio”, e gli ha dato il coraggio e le indicazioni per andare avanti (cfr 1 Re 19, 12ss.).

Le nostre comunità riformate si ritrovano anch'esse in spazi vuoti (quando le persone visitano i nostri luoghi di culto, sono ogni volta regolarmente colpite non da quello che c'è, ma da quello che non c'è!) destinati a farci incontrare il Signore nella forza e nella nudità della Parola.

Bada ai tuoi passi... e avvicinati per ascoltare”... È sorprendente: l'Ecclesiaste ci fa dono dell'immagine delle nostre chiese protestanti, ci fa intravedere quello che dovremmo essere (gli ascoltatori e i servi della Parola) e che purtroppo non sempre siamo...