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di Stefano D'Amore

«Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”»

“No Martini? No party!”. Potremmo parafrasare in questo modo ciò che avviene alle nozze di Cana, dove Gesù apre la sua attività pubblica trasformando l’acqua in vino.  Ma era proprio necessario un suo intervento? Non c’era nulla di più urgente da fare lì intorno? Perché queste energie sprecate per occuparsi di chi sta festeggiando e non ha certamente un bisogno impellente di quel gesto? Quanti poveri, bisognosi, afflitti, potrebbero giovare di una piccola parte di quella potenza? Perché Dio spreca il suo potere e si preoccupa delle feste?

Eppure Gesù inaugura il suo ministero seduto ad un banchetto, intento a far ripartire una festa che è a rischio. Il messaggio è serio: festeggiare non è secondario. Dio è festa. La festa è una manifestazione della grazia, dell’abbondanza, della generosità, ovvero tutto l’opposto dell’accumulazione, del controllo, della limitazione. La gioia che viene dallo stare insieme e dal rallegrarsi per una buona notizia è ciò che si deve provare quando ci si avvicina a Dio, quando ci riuniamo nel Suo nome.

Quanta festa viviamo nella nostra fede personale? Quale spazio ha la festa nelle nostre chiese? Sappiamo incontrare Dio con serietà e con gioia allo stesso tempo? In che modo viviamo la presenza di Gesù come una festa? Non è semplicemente finito il vino... La questione è che se non sei capace di festeggiare è necessario rimediare, perché potresti non capire quello che Dio in Gesù ti sta per raccontare. Qual è allora il vino che ci manca o che è finito, nelle nostre vite e nelle nostre chiese?