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Gesù di Nazareth: profeta, martire e Signore

Il Cristo, il Messia promesso, costituiva già prima di Gesù l'oggetto dell'attesa di diverse correnti spirituali all'interno del popolo di Israele L'unzione con olio costituiva nell'antico Israele il rito con cui un nuovo re veniva stabilito nelle sue funzioni. Perciò il re poteva anche essere chiamato l'Unto; in ebraico, Messia; in greco, Cristo. Il compito, la missione di far nascere un mondo in cui regni la pace, secondo le profezie dell'Antico Testamento è prerogativa di una persona rivestita di un potere regale. Il Cristo, appunto.

"Cristo" è la principale parola usata per definire la persona di Gesù. Significa che Gesù non va considerato come un essere isolato, una specie di mistico che ha comunicato il suo insegnamento e compiuto miracoli; non va neanche considerato come un maestro che ha attinto la sua dottrina da diverse fonti religiose. Cristo significa che Gesù è venuto a compiere le profezie dell'Antico Testamento, cioè a realizzare l'intervento decisivo di Dio che porta nel mondo la pace e la giustizia. Nel linguaggio biblico, tale intervento è chiamato Regno di Dio.
L'opera di Gesù si è svolta in molteplici direzioni, che non possiamo qui descrivere con completezza. Ci limitiamo a presentare tre aspetti, che ricevono particolare rilievo nei Vangeli.

Il primo aspetto riguarda lo stile con cui Gesù ha svolto la sua opera. Possiamo chiamarlo accoglienza. Gesù non si è rinchiuso in una scuola, non si è rivolto solo a membri delle classi agiate che avrebbero potuto avere qualche predisposizione a un insegnamento superiore. è andato dove viveva la gente, ha incontrato persone di tutte le categorie sociali. Ha parlato con quelli che osservavano la legge di Mosè e con quelli che la trasgredivano. Accoglienza non significa che Gesù avesse una dimora in cui ricevere chi andava da lui. Significa che Gesù è stato accogliente; non ha rifiutato nessuno, non ha mandato via nessuno senza rivolgergli la parola di cui aveva bisogno. Ha parlato con le donne (cosa che i maestri ebrei si guardavano bene dal fare) e le ha accolte come discepole.

C'è di più. L'accoglienza che Gesù manifestava era l'accoglienza stessa di Dio. Egli dava il perdono alle persone che appartenevano a quel mondo in cui la legge di Dio aveva perso ogni incidenza. Quelle persone non dovevano più sentirsi condannate per il loro peccato, ma potevano sentirsi accolte da Dio. E Gesù ha insistito perché il perdono fosse praticato anche dai suoi discepoli, come un rinnovamento dei rapporti umani che permetteva un nuovo inizio.

Il secondo aspetto riguarda l'insegnamento praticato da Gesù. Gesù ha ripreso molti dei motivi presenti nella riflessione ebraica; ma il suo insegnamento era contemporaneamente un'azione. Non insegnava idee generali, ma spiegava ciò che stava accadendo. Così il Regno di Dio, l'intervento che fa nascere un mondo di pace e di giustizia, non era più una realtà semplicemente futura, ma cominciava a incidere nel presente. E chi ascoltava era invitato ad abbandonare la vecchia mentalità e a cambiare radicalmente atteggiamento: non più l'io al centro di tutto, ma una vita rivolta verso Dio, aperta a un'esperienza viva della sua volontà e a nuovi rapporti umani improntati alla non violenza.

Che il suo insegnamento fosse un vero e proprio cambiamento delle cose era dimostrato anche da atti potenti come la liberazione di persone oppresse da disordini psichici (quella che ancora oggi è chiamata possessione demoniaca) e la guarigione da diversi tipi di malattie, alcune delle quali (come la lebbra) considerate a quel tempo come segno di una punizione divina.
Tutto questo faceva sì che l'insegnamento di Gesù avesse una straordinaria autorità, che impressionava e meravigliava chi stava ascoltando.

In terzo luogo possiamo notare come l'opera di Gesù susciti comunione. Egli ha creato attorno a sé una comunità di discepoli e discepole. Non un gruppo chiuso, perché il seguito che aveva Gesù era molto più ampio della cerchia dei discepoli; la comunione era destinata insomma ad allargarsi.
La comunione non permetteva che emergessero posizioni di superiorità. Al posto della supremazia di alcuni Gesù esigeva il servizio reciproco di tutti. Ognuno doveva essere disposto a dare sostegno agli altri, sia nelle necessità materiali, sia nell'azione comune che, secondo il suo ordine, aveva l'obiettivo di diffondere il suo messaggio.

L'accoglienza, l'insegnamento, la comunione non erano novità che potessero essere accettate pacificamente dai capi giudei e dalle autorità romane che governavano la Palestina o direttamente o per interposta persona. Portare il perdono di Dio a quelli che vivevano senza legge non poteva essere una prassi accettabile per chi era incaricato di difendere la legge divina con tutte le sue esigenze. Dare il via a una nuova società fondata sul Regno di Dio non poteva essere un'azione tollerata da chi doveva difendere l'ordine che l'impero romano pretendeva perfetto. Nell'azione di Gesù c'era qualcosa di sovversivo che ha suscitato una dura opposizione da parte delle classi dirigenti.

Gesù non si è sottratto all'opposizione; ha accettato il confronto, quando i suoi avversari (per esempio membri dell'importante movimento dei Farisei) erano disposti a discutere. Ma di fronte alla volontà sempre più chiara di farlo morire, soprattutto da parte dei grandi sacerdoti che sovrintendevano alla potente organizzazione del tempio di Gerusalemme, e poi anche da parte dell'autorità romana, ha assunto una posizione passiva. è stato sottoposto a una specie di processo e poi condannato a morte, ed egli ha accettato questa decisione senza opporre resistenza.

La morte di Gesù, e quel particolare tipo di morte mediante il supplizio della croce, riservato ai ribelli come un'infamante punizione, suscita una domanda sul significato di tutta la sua opera. Perché Gesù ha accettato che la sua opera si concludesse con quella fine che fa pensare a un totale fallimento?
La risposta della fede cristiana vede nella morte di Gesù non una sconfessione della sua opera, ma il suo coronamento. La sua morte ci rivela che tutta la persona di Gesù era impegnata in nostro favore; Gesù non ha riservato per sé neppure un briciolo della sua esistenza. è certo possibile cogliere dell'insegnamento di Gesù soltanto ciò che riteniamo praticabile nella nostra vita; ma così trascuriamo la cosa più preziosa, cioè l'incontro personale con lui che illumina di una chiarezza nuova tutta la nostra esistenza.

Resta il fatto che la croce è un momento tenebroso. Le tenebre che avvolgono la terra al momento della crocifissione segnalano la condizione di un'umanità priva di Dio. I capi sacerdoti e il governatore romano Pilato condannano Gesù e rifiutano il messaggio di vita che egli ha incarnato; ma, così facendo, rendono evidente un movimento profondo che allontana l'umanità dalla vita autentica offerta da Dio. Dio abbandona questa umanità, dicono i profeti. Ma Gesù assume su di sé questo abbandono e grida: "Dio mio, perché mi hai abbandonato?".

Proprio questo abbandono, con tutto il dolore infinito di cui è carico, costituisce l'inizio di una nuova azione potente di Dio. La morte di Gesù non resta infruttuosa. Innanzitutto perché mostra in tutta la sua realtà il potere della morte. La morte non è una conclusione, è una potenza distruttrice; questo è messo in evidenza dalla croce. Ma Dio agisce nella morte di Gesù; subisce la potenza distruttrice, l'affronta e l'annienta. Il risultato di questa azione è la risurrezione. La risurrezione non è una sorta di premio dato da Dio a Gesù per la sua fedeltà. è un'azione creatrice che rende efficace per tutti noi l'opera di Gesù. Gesù è dato all'umanità non solo come colui che prende su di sé la conseguenza mortale del peccato, ma come colui che apre all'umanità un nuovo cammino di vita, in cui la morte non può più incutere paura. Gesù è ora più che mai il Signore che accoglie, che guida, che porta alla pienezza della comunione con Dio gli esseri umani, realizzando anche la pace tra di loro.

La divinità di Gesù sta in questo straordinario potere di comunicare vita. Egli è il Figlio di Dio in quanto la stessa forza creatrice di Dio, il suo stesso amore diventa, grazie alla sua vita e alla sua opera, realtà nella storia umana.